L’avaro immaginario
Teatro
19.12.2024
20.30
Il progetto nasce da una curiosità artistica (…) dei De Filippo che, a un certo punto della loro carriera, hanno sentito l’esigenza di confrontarsi con il teatro di Molière e il suo genio innovativo, rimasto forse nel suo genere ancor oggi ineguagliato e vivissimo.
– Enzo Decaro
Sette quadri, un prologo e un epilogo. È un viaggio nel teatro, quello di Molière in primo luogo, ma non soltanto. È anche un viaggio nel tempo, quello del Seicento, un secolo pieno di guerre, epidemie, grandi tragedie ma anche di profonde intuizioni e illuminazioni che non riguardano solo “quel” tempo. Ed è anche il viaggio, reale e immaginario, di Oreste Bruno, e la sua famiglia, che è poi anche la sua Compagnia viaggiante di teatranti: è la tipica “carretta dei comici” tanto cara sia a Peppino che a Luigi De Filippo. È il viaggio verso Parigi, verso il teatro, verso Molière. Ma anche una fuga: dalla peste, da una terribile epidemia che ha costretto i Nostri a cimentarsi in un avventuroso viaggio verso un sogno, una speranza o solo la salvezza. Lungo il percorso, quando “la Compagnia” arriva nei pressi di un centro abitato ecco che il “carretto viaggiante” diventa palcoscenico e “si fa il Teatro”. E col “teatro” si riesce anche a mangiare, quasi sempre. Durante il viaggio, gli incontri sono sorprendenti ma non sempre piacevoli. La connessione tra il mondo culturale e teatrale della Napoli dell’epoca e quello francese, di Molière e forse ancor più di Corneille, è evidente. La pesante eredità del pensiero dello zio prete di Oreste Bruno, Filippo detto poi Giordano, è quasi dimenticata, e la morte in scena di Molière poco prima del loro arrivo a Parigi rende il viaggio della “Compagnia di famiglia” davvero unico. Questi commedianti d’arte, ma soprattutto persone umane, rappresentano la grande commedia del teatro, dove “tutto è finto, ma niente è falso”.